La leggenda del mistero dell’Oxus nasce nel 1880, quando Francis Burton, ufficiale britannico di stanza in Afghanistan, fece un’incredibile scoperta. Aveva ricevuto una richiesta d’aiuto da parte del servitore di tre mercanti che erano stati rapiti durante un viaggio dall’Afghanistan a Rawalpindi, in India. I mercanti e il loro servitore erano stati assaliti da un gruppo di banditi e portati sulle montagne. Il servitore era riuscito a fuggire ed era andato in cerca d’aiuto. Burton e due suoi assistenti si misero in cammino per raggiungere i banditi; a poca distanza si imbatterono nei malviventi, che con i loro ostaggi si erano nascosti in una caverna per trascorrervi la notte. Strisciando nella caverna Burton ebbe una visione strabiliante.
I ladri avevano evidentemente avuto una violenta discussione sul destino da riservare ai mercanti e alla loro merce. Quattro di essi erano stati feriti nella contesa e giacevano a terra, i mercanti se ne stavano rannicchiati in un angolo in preda al terrore di essere uccisi e le loro merci erano sparpagliate un po’ dappertutto. Burton non credeva ai propri occhi quando scorse coppe, bracciali, calici e collane d’oro brillare nell’oscurità.
Burton liberò i mercanti e lasciò che prendessero parte del tesoro; i ladri fuggirono con il resto. Più tardi Burton diramò il messaggio che, se il tesoro non fosse stato restituito integralmente ai mercanti, i banditi sarebbero stati inseguiti e puniti. Quasi tutti gli oggetti in oro furono riportati di nascosto: c’erano bracciali in oro massicci decorati con grifoni alati, centinaia di monete d’oro,una statua d’argento di un re persiano. Molti dei manufatti ritraevano persone e animali. Da dove provenissero non fu appurato, ma i mercanti sostenevano che erano frutto di scavi compiuti tre anni prima nei pressi del fiume Oxus fra l’Afghanistan e la Russia.
Quando arrivarono al centro mercantile di Rawalpindi, i mercanti vendettero la loro merce pezzo per pezzo. Negli anni che seguirono singoli oggetti fecero la loro comparsa nei bazar locali; molti di essi furono acquistati dall’Inghilterra e oggi sono esposti al British Museum di Londra. Altri furono probabilmente fusi o venduti altrove.