C’era una volta un bambino così curioso che guardava tutto quello che gli capitava sotto il naso, e se non gli capitava lo andava a cercare: le zampette delle mosche quando si pettinavano, le antenne, i granellini colorati della sabbia, i cuoricini dei piccoli fiori dove le api entravano a succhiare il nettare. E un giorno, proprio mentre annusava un piccolo fiore, un’ ape arrivò lì e invece di chiedere: «Permesso, si può?», gli punse il naso ed entrò.«Ahi!» gridò il bambino. Il naso gli diventò gonfio e rosso. Quando si guardò allo specchio si spaventò: «Mamma mia, che faccia mi è venuta!».
Quella faccia col naso rosso e grosso come un pomodoro non gli piaceva e andò dal dottore. Il dottore non sapeva che cosa fare. «Possiamo bucarlo con un ago speciale per sgonfiarlo un po’,» disse «oppure lasciarlo sgonfiare da solo.»Quando vide l’ago, il bambino scappò via e si tenne il naso grosso. In strada le persone che lo vedevano si mettevano a ridere e dicevano: «Guarda quel bambino, ha il naso da pagliaccio!» A sentire quelle parole gli venne un’idea: fare il pagliaccio davvero nel circo. E ci andò. Il padrone del circo lo guardò bene e poi gli disse: «Hai proprio il naso che ci vuole per un vero pagliaccio». E lo accettò.Lo accompagnarono nel suo camerino, lo vestirono e lo truccarono: gli pitturarono la bocca di rosso e di giallo, la faccia bianca con le righe nere intorno agli occhi. Poi gli misero una parrucca verde con pochi capelli, un vestito strano e le scarpe lunghe con le punte bucate. Alla sera doveva incominciare lo spettacolo e lui doveva recitare. Ma era la prima volta e non sapeva che cosa dire per far ridere la gente. Allora pensò di fare le stupidate che faceva sempre con i suoi amici quando giocava. Fece le prove davanti allo specchio: diceva cucù e chicchirichì, mostrava la lingua, faceva la faccia da mostro. Poi sbatteva la testa contro il muro e fingeva di cadere, saltava come le rane, inventava parole strane senza significato. E poi, ogni tanto, gridava in dialetto: «Sa te fet cusé?» (Cosa stai facendo?), e rideva da solo come un matto. Quando il presentatore lo chiamò, lui uscì sulla pista e cominciò a fare le sue stupidate. La gente rideva, batteva le mani e gli gridava: «Bravo!». Alla fine il padrone del circo gli strinse la mano: «Complimenti!» gli disse. «Ma dove hai imparato a fare il pagliaccio così bene?» «A giocare con i miei compagni» disse il bambino. «Domani vieni ancora, che ripetiamo lo spettacolo» disse il padrone. E lui disse di sì.