Il mito di Apollo e Dafne riassunto di seguito racchiude una delle più grandi storie d’amore della mitologia greca. Dafne e Apollo sono follemente innamorati, ma le ostilità cercheranno di separarli per sempre. Nella famosa scultura Apollo e Dafne Bernini sembra interpretare proprio questo straordinario amore.
Emerso dalla acque, il dio fluviale, Peneo, se ne stava appoggiato lungo la riva. La sua barba era lunga e verde, e gli fluttuava fino alla cintola. In mano, il dio Peneo, stringeva un ciuffo di papiri. Girati gli occhi lungo il fiume, sorrise nel vedere Dafne, la sua figlia prediletta, mentre si lavava i lucenti capelli verde oro. Doveva ricordarsi di farle un regalo, pensò, perché proprio quella mattina si era trovato accanto al letto un mazzolino di calle palustri.
Dafne sapeva quanto gli piacessero quei bei fiori gialli. Dafne si sentiva inquieta. Era una splendida mattina d’estate, l’aria era calma e immobile. Eppure avvertiva un senso di minaccia. Perfino le rondini sembravano gridare «Pericolo! pericolo!» mentre garrivano e guizzavano in cerchio nel cielo, e anche le nuvole di moscerini parevano ronzare un oscuro avvertimento. Continuando a lavarsi mormorò una breve preghiera a sua madre Gea e la terra le rispose con un brivido di rassicurazione. Dafne rovesciò indietro i capelli creando una cascatella di goccioline che parevano arcobaleni in miniatura. Proprio allora uno sconosciuto sbucò dagli alberi lungo la riva e allungò una mano per catturare le gocce; con un breve tintinnio, eccole trasformate in minuscoli gioielli che lampeggiavano fuoco. «Per te, mia bellissima!» disse il giovane, sorridendole e protendendo la mano. «lo sono Apollo.» Dafne si ritrasse. Non aveva mai conosciuto nessuno come lui e aveva paura. Era così alto, così dorato, e portava una faretra di frecce così splendenti da accecarla. Alzò un braccio a coprirsi gli occhi e Apollo, ridendo, ne approfittò per cingerla alla vita, mettersela sulla spalla e cominciò a correre via nel bosco. Dafne urlava, sentendosi strappare i capelli da spine e rametti, e cominciò a scalciare più forte che poteva; alla fine gli morse una mano, tanto che Apollo la lasciò cadere con un grido di sorpresa. Allora Dafne si mise a correre. E mentre scappava invocò sua madre: «Aiutami! Salvami!».
La Madre Terra ricordava la precedente preghiera di Dafne e intervenne. Improvvisamente la fanciulla si sentì rallentare il passo e, quando abbassò gli occhi, vide che dai piedi germogliavano radici, le gambe si coprivano di una liscia corteccia verde, braccia e testa diventavano rami. I capelli si fecero piatti, lisci e appuntiti, attaccandosi ai ramoscelli che le spuntavano sulla testa. Dalle foglie veniva un aroma di spezie meravigliosamente caldo e fragrante. Dafne era diventata un albero di alloro. Apollo era dispiaciuto per quello che aveva fatto a Dafne e da quel giorno, per non dimenticarla mai, portò sempre una corona d’alloro. Ma il padre Peneo la pianse per sette lunghi anni, finché il suo fiume ruppe gli argini ed inondò di dolore le rive.