La celebre fiaba di Barbablù nell’interessante interpretazione psicologica di Osvaldo Poli. Barbablù, di Perrault, è la fiaba che descrive con sorprendente accuratezza e precisione le dinamiche psicologiche dell’ingenuità.
Vale la pena di ricordarne la trama.
Barbablù era un signore molto ricco ma molto brutto. Egli possedeva palazzi in città, ville in campagna, scuderie piene di cavalli, forzieri colmi di monete d’oro, ma aveva la barba blu, una barba che gli dava un aspetto così terribile che tutte le ragazze scappavano non appena lo vedevano. Aveva già chiesto la mano di parecchie fanciulle, poiché desiderava sposarsi; ma tutte lo avevano rifiutato.
Tuttavia egli non si stancava e continuava a cercare moglie. Nella sua stessa città viveva una gran dama che aveva due figlie molto belle, e Barbablù (tutti lo chiamavano così ) ne chiese una in sposa: non gli importava se la maggiore o la minore. La gran dama esitò: ella aveva anche due figli maschi ai quali avrebbe voluto preparare l’avvenire; ma, rimasta vedova, era caduta in povertà. Un matrimonio con un uomo ricco come Barbablù sarebbe stato la fortuna per tutti…Non volendo forzare la volontà delle sue ragazze, le lasciò libere di accettare o no. Ma nessuna delle due si sentiva il coraggio di compiere quel passo. Tanto più che, si diceva, Barbablù era già stato sposato altre volte, ma non si sapeva dove le sue mogli fossero andate a finire.
Allora Barbablù incominciò a coprire le due ragazze di regali: fiori,gioielli meravigliosi, le invitò insieme alla madre in una sua villa dove, per una settimana, si susseguirono feste da ballo, battute
di caccia, banchetti…Infine la figlia minore concluse che quell’uomo non aveva poi la barba tanto blu…e in quattro e quattr’otto decise di sposarlo. Le nozze furono celebrate con grande sfarzo, e la sposina si sentì molto orgogliosa quando poté mostrare alle sue amiche il meraviglioso palazzo dove abitava. Accadde che Barbablù dovette partire per un lungo viaggio e prima di partire le diede queste indicazioni : Ti lascio le chiavi di tutte le porte, di tutti i forzieri, di tutti gli armadi – disse togliendo di tasca un tintinnante mazzo di chiavi. – Adopera come vuoi il vasellame e le posate d’oro e d’argento; fruga nei ripostigli, saccheggia la dispensa. Ma per nessun motivo al mondo dovrai aprire la porticina che si trova nella cantina del castello e che si apre con questa chiavetta d’oro. Guai a te se entrerai in quello stanzino: dovrai pentirtene amaramente!
Ella così promise , e chiamata con lei la sorella ed altre amiche , visitarono tutte le stanze del meraviglioso castello finché non restò loro che la piccola stanza proibita. La giovane sposa infilò la chiave nella toppa, la girò dolcemente, entrò, ma…orrore! Vide un grosso cespo ancora insanguinato e una scure affilata gettata sulla paglia e in un angolo diversi corpi di donne: tutte con la testa tagliata. Le mogli scomparse di Barbablù…Inorridita, la sposina si portò le mani agli occhi per non vedere più; ma in quel gesto la chiavetta le sfuggi di mano e cadde in una pozza di sangue.
La raccolse e fuggì via, dopo aver richiuso accuratamente la porta; poi si rifugiò in camera sua tremando da capo a piedi. Guardò la piccola chiave maledetta e vide che era sporca di sangue. Subito cercò di asciugarla e di pulirla con l’orlo della gonna, ma non vi riuscì. Il suo abito bianco , era macchiato di rosso dalla tasca all’orlo perchè la chiave lentamente versava gocce di sangue rosso scuro.
Atterrita, pensava di fuggire dal palazzo, ma proprio quella notte Barbablù vi fece ritorno. La sposina simulò di accoglierlo lietamente, ma in cuor suo si sentiva morire per la paura.
L’indomani Barbablù chiese la restituzione delle chiavi La ragazza porse la chiave con mani tremanti, e Barbablù vide subito che era macchiata.
– Perché c’è del sangue su questa chiave?
– Proprio non lo so…
– Ebbene, lo so io! – gridò ferocemente l’uomo. – Tu mi hai disobbedito e sei entrata nello stanzino. Perciò vi ritornerai, e questa volta per sempre, perché io ti taglierò la testa e ti metterò a fianco delle altre donne che furono curiose come te.
La povera ragazza a quelle parole divenne pallida come una morta e si buttò in ginocchio:
– Perdonatemi! – singhiozzo. – Io non lo dirò a nessuno ciò che ho veduto.
– Tutte le donne sono pettegole così come sono curiose; solo quando ti avrò tagliato la testa, sarò veramente sicuro che non parlerai. – Vi prometto che vi obbedirò sempre! Vi prometto che non dirò una sola parola.
Barbablù ridendo sgangheratamente, disse:
– vieni con me perché la tua ultima ora è suonata.
Fece per afferrare la giovane per i capelli, ma ella si ritrasse:
– Non potete farmi morire senza che io abbia prima raccomandato la mia anima a Dio. Lasciatemi sola, affinché io possa pregare in pace.
– Va bene, – replicò. – Ti concedo un quarto d’ora di tempo: non di più. Io, intanto, andrò ad affilare la scure.
Si allontanò verso il terribile stanzino, e la povera moglie corse a svegliare la sorella.
– Mia cara sorella – supplicò – sali sulla torre e guarda se vedi i nostri fratelli. Dovrebbero arrivare questa mattina. Se li vedi fa cenno che si affettino, per carità.
La sorella Anna corse subito alla finestra della torre, mentre la sposina aspettava col cuore in gola.
Nel frattempo Barbablù, che aveva finito di affilare la scure, incominciò a gridare.
– Il quarto d’ora è ormai trascorso. Affrettati a scendere: altrimenti salgo io!
– Ancora un attimo – rispose l’infelice, e chiese con ansia:
– Cara sorella, non vedi nessuno?
– Nessuno – rispondeva. –
– Hai finito si o no? Sono stanco di aspettare. Se non scendi tu,salirò io. Urlava intanto Barbablù.
– Un momento, un solo momento – rispondeva la sposina piangendo. E ancora domandava :
-Sorella, vedi nessuno?
– Vedo un nuvolose di polvere…Ma si tratta di pecore che vanno al pascolo.
In quel momento si udirono i passi pesanti di Barbablù che saliva le scale. Egli spalancò la porta con un calcio, mentre la sposa chiedeva un’ultima volta:
– Sorella mia , vedi nessuno?
– Vedo…due cavalieri…Si, si, sono proprio i nostri fratelli!
Anna si strappo la sciarpa dalle spalle e incominciò da agitarla dalla finestra facendo cenno ai due giovani di affrettarsi. Essi irruppero nel cortile e salirono i gradini a quattro a quattro… Appena in tempo, perché Barbablù aveva afferrato la sposa per i capelli e stava trascinandola verso l’orribile stanzino. I giovani gli balzarono addosso con le spade sguainate, e un attimo dopo egli giaceva a terra morto, mentre la sorella con le mani ancora giunte sul cuore, non sapeva se ridere o piangere. Poi quel terribile spavento passò, e anche Barbablù fu dimenticato, come succede sempre ai cattivi. La moglie ereditò tutti i suoi beni, e con quelli poté regalare una dote alla sorella che sposò un gentiluomo buono e ricco; aiutò i due bravi fratelli a crearsi un avvenire . Infine anche lei scelse un onesto e affettuoso marito che la consolò di tutti i dispiaceri provati con Barbablù.
La fiaba di Barbablù fornisce una rappresentazione molto pertinente dei dinamismi psichici dell’ingenuità: i personaggi del racconto interpretano altrettanti possibili aspetti della nostra psiche. Non per caso , ad esempio è la sorella più piccola , quella con minore esperienza a lasciarsi ingannare : essa nega l’aspetto preoccupante e minaccioso della realtà e allettata solo da ciò che l’altro ha mostrato di positivo , decide di legarsi a lui.
La sorella maggiore , che rappresenta la parte più matura, realistica della personalità , non si lascia accecare dalla piacevolezza della messinscena. La più giovane ha dunque rimosso la sua iniziale diffidenza , non ha dato retta al suo intuito, non ne ha considerato le ragioni. L’errore di giudizio è proprio di chi non ha rinunciato a considerare i segnali di allarme provenienti dal proprio interno. Essa ha messo a tacere le sue intuizioni , ed è divenuta un segugio senza olfatto, facile preda del suo persecutore. Gli aspetti più maturi della psiche, rappresentati dalle sorella maggiore , tengono conto dei dubbi, non nascondono i segnali di pericolo e proprio per questo evitano situazioni dolorose e drammatiche.
E’ la storia di molte donne che scelgono una persona distruttiva per la loro vita non avvedendosi della altrui ipocrisia , minimizzando i lati oscuri del carattere dell’altro , non volendo credere alle messe in guardia altrui , continuando in questo modo a ripersi “ la sua barba non è poi così blu ” . In questo modo annullano le loro difese e sottoscrivono un patto segreto con i loro carnefici. Come nella fiaba , sposano i sogni che l’altra persona gli fa fare , senza avvedersi di chi sia realmente l’altro , al di là di come mostri di essere , o sia convinto di essere . Se non si impara ad ammettere alla consapevolezza ciò che si intuisce come verosimile , si è privi della propria naturale protezione . Il dramma della moglie di Barbablù è originato dal piacevole rifiuto di capire “ quello che sta sotto”, di vedere al di là delle apparenze , di distinguere ciò che appare da ciò che è . Di rendersi conto degli aspetti più negativi ed egoistici presenti in alcune persone , di ciò che li rende incapacità di amare che hanno fatto soffrire e “ ucciso” altre persone prima di lei. Con l’aiuto delle sorella maggiori ella si decide infine a superare la proibizione di vedere e di capire, il superamento del divieto di “ guardare dentro la stanza proibita ” ( la narrazione è simbolicamente perfetta) , nel tentativo di capire come stanno davvero le cose , al di là di ciò che
sembra. Scopre dunque il lato oscuro e distruttivo , i gravi difetti , si direbbe del coniuge. Lo vede nella sua verità , si rende conto chi egli davvero sia , diverso da come lo aveva immaginato, o da come aveva preferito credere che fosse. Solo allora si rende della drammaticità dell’inganno : la chiave che non smette di sanguinare esprime visivamente la consapevolezza di essere nella mani per proprio persecutore e di pagare il suo errore con la perdita di vita , di forza , con un grande ed inarrestabile dolore , ben simboleggiato dal sangue che non può più essere occultato.
Molte persone raggiungono la consapevolezza di vivere una vita spenta, distrutta senza più slancio, senso , felicità , simile alla morte psicologica. La consapevolezza , una volta conquistata , non può più essere sepolta né l’infelicità negata. L’intuizione deve essere trattenuta , anche se dolorosa , anche se mostra una realtà non così bella, e desiderabile come era auspicabile. L’ingenuità non è infatti del tutto incolpevole : rappresenta la parte di noi che è disposta a credere ciò che all’apparenza è più bello , per evitare gli aspetti dolorosi della realtà : delusioni, contrapposizioni , faticosi chiarimenti , rotture dei rapporti.
L’epilogo della fiaba mostra il percorso psicologico di superamento dell’ingenuità : la giovane sposa infatti , con un po’ di astuzia , prende tempo e tramite l’aiuto della sorella maggiore chiama i suoi fratelli , accettando in questo modo le sue parti “ forti” e battagliere del suo carattere. Chiama dunque a raccolta le sue forze morali , psicologiche e fisiche simboleggiate dall’aspetto battagliero dei fratelli , gli aspetti forti del suo carattere che aveva sempre negato in se stessa . Ora li fa entrare nel suo palazzo , dice la fiaba , si fida ormai del suo giudizio e si sente legittimata a difendersi. Passa dunque all’azione , a traverso la sua forza si libera dal suo persecutore. La forza a cui si allude può essere la capacità di sostenere le proprie opinioni con un ragionamento realistico, senza lasciarsi smontare facilmente , superando la paura delle conseguenze negative, dalla ritorsione dell’altro alla rottura del rapporto. La protagonista ora si sa adeguatamente difendere , a questo allude la conclusione, da chi la fa ingiustamente soffrire e si distacca infine da chi non la ama . Tale è il senso della morte di Barbablù.
Abbandonata la sua illusione , e ammaestrata dall’esperienza dolorosa , sa infine scegliere una persona che la ama veramente. La favola di Barbablù istruisce segretamente il lettore , tramite il linguaggio simbolico della fiaba ,
sulla necessità di conservare l’intuizione , l’aspetto istintivo dell’intelligenza , per resistere alle seduzioni del predatore naturale della psiche , distinguendo le vere intenzioni dell’altro , conservando la libertà di vedere gli altri anche negli aspetti più riposti, più segreti e potenzialmente più pericolosi. Tale libertà non va venduta per nessuna ragione , anche se rinunciare ad essa potrebbe sembrare gratificante , piacevole , più facile.
Quando l’istinto è leso , vittima della proibizione di vedere la realtà e di capire come stanno davvero le cose , il predatore si avvicina inosservato e può devastare la vita altrui. Essa istruisce sulla necessità di esercitarsi ad ascoltare l’intuito , il vero tesoro della psiche, non rinunciando a porsi domande coraggiose , ad accettare di vedere quel che si vede , per poi agire in base a ciò che si sa essere vero. Accettando di vedere ciò che c’è da vedere e sapere ciò che c’è da sapere , la chiave infine smetterà di sanguinare , l’infelicità avrà termine. Spesso non ascoltiamo le voci che sussurrano la verità, una verità che una volta rivelata ci fa considerare di “ averla sempre saputa “ in fondo a noi stessi.