Il villaggio di Rotondella pare sia sorto sulle ceneri di tre casali: Santa Laura, Santa Lucia e Trisaia. Alcuni narrano che qui vigeva uno strano governo: gli ecclesiastici governavano sui contadini, i cui figli. per “vocazione”, potevano diventare anch’essi sacerdoti. Uno di questi monaci, nato povero ma in quel periodo padrone di quelle terre, organizzò una cerimonia in onore delle sante. Durante la festa, una zingara volle predire il futuro. La scelta s’indirizzò verso il monaco ma, all’improwiso, la zingara fuggì via gridando. Il monaco chiese il perché di quel comportamento, ed ella gli svelò di averlo riconosciuto come suo figlio per la somiglianza col padre; questi, morto nel casale di Santa Laura, aveva affidato il figlio a una famiglia di contadini. Da allora, tutti i figli degli zingari furono accolti con gioia nei tre casali che portarono alla nascita di Rotondella.
Le caratteristiche geomorfologiche della Basilicata, inclusa la sua particolare posizione geografica, nonché le vicende storiche e linguistiche dei suoi abitanti, hanno permesso che si conservassero intatte numerose tradizioni che da sempre fanno parte del patrimonio culturale della regione. Al periodo longobardo, ad esempio, risale la parola tedesca Morgengab, il cui significato è “dono del mattino”. Il “rito” consiste in un dono che il marito fa alla moglie all’alba della prima notte di nozze. Parte dei suoi beni vengono offerti alla sposa come ringraziamento per l’amore donatogli. Altra usanza è quella del Ceppo legata alla richiesta ufficiale di fidanzamento da parte del giovane alla fanciulla amata. Consiste nel posizionare davanti alla porta di casa della prescelta un ceppo, selezionato in base al carattere della destinataria. Naturalmente, anche la risposta della futura sposa è lasciata ad un gesto simbolico; infatti, se lei accetta porta il ceppo in casa; se rifiuta lo lascia rotolare per strada. E’ noto che nel mondo delle tradizioni popolari, intervengano fenomeni e reazioni recepiti poi in riti collettivi che provocano sentimenti di profonda partecipazione emotiva. Sia nella provincia di Matera che in quella di Potenza, emblematica è l’usanza del Lamento funebre. Consiste in pianti e grida di dolore, da parte delle donne di famiglia del defunto e delle vicine, e si divide in più momenti. La prima fase è di completa isteria, di manifestazione di un dolore acuto; la seconda fase, invece assume i toni di un lamento melodico, ritmico, nel quale si esaltano le virtù del defunto. Si presume che il rito abbia un’origine precristiana, visto il divieto di invocare i Santi.
Ogni anno, tra il 14 ed il 21 agosto, si ricorda l’evocazione di San Rocco, da parte degli abitanti di Montescaglioso (Matera), avvenuta nel 1857, per allontanare la minaccia di un terremoto. Da quel momento Rocco divenne il patrono del paese ed è oggi ricordato tra sontuosi festeggiamenti. La mattina del 20 agosto, giorno principale della settimana di festa, parte un’immensa processione capeggiata dalla statua del santo, portata a spalla dai fedeli attraverso tutte le vie del paese. Alla fine della giornata inoltre, parte la sfilata del carro trionfale, costruito in cartapesta e legno circa settant’anni fa dagli abili artigiani locali, e condotto da sette meravigliosi cavalli che trasportano il santo. Il diritto di tirare il carro, è deciso un mese prima della parata e va al miglior offerente di un’asta indetta nel paese. Accanto alla cerimonia religiosa, vi sono esibizioni di bande musicali e meravigliosi spettacoli pirotecnici.
Una particolare importanza rivestono le feste denominate Maggi, espressione unica in Italia delle comunità montane nell’area del Parco di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane. In queste feste si esprime il rapporto strettissimo che la popolazione ha con l’ambiente circostante caratterizzato dalle montagne e i fitti boschi. Si tratta dei Culti Arborei celebrati ad Accettura, Oliveto Lucano, Pietrapertosa e Castelmezzano. Questi hanno in comune la rappresentazione dell’unione tra un albero ad alto fusto, un Cerro (il Maggio), che rappresenta il maschio, ed una Cima, la regina del bosco solitamente un agrifoglio. I due alberi vengono tagliati nei boschi e trasportati in paese attraverso un rito particolarmente suggestivo a cui partecipano centinaia di persone accompagnati dal suono delle zampogne dei pifferi e dei tamburi. Il Maggio è trainato da numerose coppie di buoi. Durante il tragitto vi è una sosta nella quale si ripone il Maggio ed i “maggiaiuoli” si riposano: in questo momento canti e balli, ancora una volta, accompagnano la sosta. Si giunge infine in paese dove avviene l’incontro fra il Maggio e la Cima. Il giorno dopo si da inizio al matrimonio fra il Maggio, il tronco, e la Cima, la chioma.Il rito prevede la preparazione dello sposo, il Maggio, e della Cima, la sposa, il giorno della Pentecoste. Nel momento in cui le due parti sono unite ad incastro, il matrimonio è consumato e la festa inizia con la musica e le danze caratteristiche.L’albero ottenuto dall’innesto è issato in fondo alla piazza. Coperto di doni è pronto per la scalata finale effettuata da giovani che si cimentano mettendo in mostra la propria forza fisica e abilità. Il Maggio rimane in piazza fino al giorno del Corpus Domini.