Il mito di Eco e Narciso riassunto di seguito è uno dei racconti più famosi dell’antica Grecia. Narciso ed Eco rincorrono l’amore: l’uno di se stesso e l’altra del suo amato. Con Eco e Narciso Ovidio arricchisce una tra le più famose opere: Le Metamorfosi.
Tanto tempo fa, vivevano delle bellissime fanciulle, vestite di veli impreziositi da fili d’oro e d’argento: si chiamavano Ninfe. Esse avevano lunghissimi capelli, che pettinavano specchiandosi nei laghetti e nei ruscelli. Amavano ballare e cantare e la loro voce era talmente melodica che incantava chiunque le sentisse. Oltre alle belle Ninfe, c’erano anche i Satiri, giovani fannulloni, sempre pronti a divertirsi, uno di loro si chiamava Pan. Pan, era il dio dei pastori, il suo aspetto era orribile e deforme; al posto dei piedi aveva due zoccoli da caprone, il suo viso era rugoso e le sue orecchie erano appuntite.
Inoltre sulla fronte, aveva due corna da capra che lo rendevano molto pauroso. Pan trascorreva intere giornate a suonare il suo flauto fatto di canne e spesso cantava.Un giorno, egli udì una bellissima voce provenire da un cespuglio; subito si mise a sbirciare e vide una bellissima Ninfa, di nome Eco, che raccoglieva fiori. Pan fu talmente incantato dalla bellezza della fanciulla che le si avvicinò e disse: “Oh, stupenda creatura, tu sarai la mia sposa!”. La Ninfa rimase terrorizzata alla vista di quell’essere mostruoso e subito corse via urlando e pregando Pan di lasciarla in pace. Ma Pan non smetteva di inseguirla ed Eco cercava di nascondersi nel bosco, finché sfinita trovò una caverna ed entrò per rifugiarsi. La giovane Eco era innamorata di Narciso, un bellissimo ragazzo che amava la caccia, e, ancora piena di spavento, incominciò a chiamare il giovane sperando che accorresse in suo aiuto.
Eco lo chiamò per ore ed ore, ma Narciso non arrivava. La povera Ninfa trascorse così giorni e giorni nascosta nella buia caverna chiamando continuamente il suo amato, ma inutilmente. Narciso aveva un cuore arido, era così tanto pieno di superbia e fiero di sé che non aveva attenzioni per nessuno, tranne per sé stesso! Un giorno, mentre cacciava, udì le invocazioni di Eco e, quando capì dalla voce che si trattava di lei, si avvicinò alla caverna e disse: “Devo continuare la caccia, non posso perdere tempo… poi per una Ninfa” e proseguì. Gli dei, che dall’Olimpo avevano visto il comportamento di Narciso, decisero che una simile crudeltà non poteva rimanere impunita.Così decisero che, Narciso, dal cuore di pietra, dovesse provare sentimento soltanto per sé stesso e per la sua bellezza. Trascorsero giorni e intanto faceva molto caldo e, il giovane, stanco e assetato si mise in cerca di uno stagno per dissetarsi.
Quando lo trovò si sporse per bere e vide la sua immagine riflessa nell’acqua e, sbalordito esclamò: “Che sublime bellezza, non posso più vivere senza che essa risplenda continuamente nei miei occhi”. Narciso s’innamorò all’istante di sé stesso e da quel momento rimase fermo immobile senza mai staccare il suo volto riflesso nello stagno, come in preda ad un incantesimo. Intanto il sole iniziava a calare e, Narciso cominciava a perdere le forze, non riusciva a muoversi e il suo viso piano piano impallidiva sempre più. Rimase così a lungo finché non morì.