Anatolio Schemmo era un mattacchione, sempre in vena di fare scherzi. Una notte, per divertirsi, rubò alcune lettere dalle insegne dei negozi. Alle insegne TABACCHI rubò la B e la A, così vi si leggeva TACCHI; a FERRAMENTA rubò FERRA, e divenne MENTA; FARMACIA divenne ARMI; SCARPE divenne CARPE; CAMICERIA divenne MICERIA, e cosi via: LAVANDERIA, LADRI; CARTOLERIA, COLERA; CARROZZIERE, COZZE; DROGHERIA, DROGHE; CORNICI, CORNI; LATTERIA, LATTA…Al mattino, con tutte le insegne dei negozi cambiate, in città nessuno si raccapezzava più.
Un signore entrava in una farmacia e diceva:- Vorrei un fucile.- È pazzo? Non vendiamo fucili, questa è una farmacia! – Macché farmacia, sull’insegna c’è scritto armi. Oppure una signora entrava in un negozio e diceva:- Vorrei un gattino bianco e nero… – Basta! – urlava il commesso. – Questa non è una miceria come risulta scritto sull’insegna, è una camiceria! È la centesima persona che entra a chiedere un micetto! Nessuno riusciva più a comprare qualcosa.
Chi, per esempio, voleva acquistare delle cozze le andava a chiedere in una carrozzeria. I negozianti erano disperati. Nelle lavanderie piombavano gli agenti per arrestare i ladri, le cartolerie venivano messe in quarantena per tema del colera. Per fortuna, in pochi giorni la polizia scoprì che il colpevole era Anatolio Schemmo. Fu immediatamente processato. – Signor Presidente, – disse il suo avvocato, – abbia compassione per il mio cliente. Restituirà le lettere sottratte alle insegne e le rimetterà subito al loro posto. In fondo non si è trattato che dello scherzo di un mattacchione.- Macché mattacchione, – insorse la Pubblica Accusa, – è un criminale! Ha sconvolto la vita della città, danneggiando tutti i nostri onesti commercianti. Chiedo che sia condannato almeno a dieci anni di carcere! L’imputato sbiancò. – Non esageriamo, – disse il Presidente del Tribunale, – come giustamente dice l’avvocato difensore si è trattato di uno scherzo…- Di pessimo gusto! – ribatté l’Accusa. – Almeno cinque anni deve darglieli! – Ma no, un po’ di comprensione … Niente carcere, ordino di rilasciarlo immediatamente.
Anatolio Schemmo si rinfrancò: neanche lui si aspettava tanta clemenza da parte del giudice. – Grazie, signor Presidente, – disse, – lei è veramente generoso. Posso andare? – Certo, ma non prima che emani la sentenza. Una pena devo pur infliggergliela. – Capisco, – convenne Anatolio Schemmo pensando a una pena pecuniaria. – Sono pronto a pagare qualsiasi multa. – Niente multa, nessun pagamento. Poiché lei ha tolto delle lettere che comparivano nelle insegne dei negozi, la condanno a toglierne alcune dal suo nome e cognome. Lei si chiama Anatolio Schemmo. Ebbene, d’ora in poi nel suo nome non potrà più usare le lettere ALIO, e nel cognome la lettera H e una M. Dovrà sempre scrivere e pronunciare il suo nome come risulta senza queste lettere. Stavolta Anatolio Schemmo non sbiancò soltanto: appena si accorse quale sarebbe stato il suo nome e il cognome senza quelle lettere, per poco non gli venne un accidente. – Pietà, signor Presidente, – gridò, – mi dia cinque anni di galera, anzi dieci, più un miliardo di multa, ma questa condanna no, la scongiuro, la supplico! Il Presidente fu irremovibile. Al mattacchione Anatolio Schemmo passò per sempre la voglia di fare scherzi: rimase Nato Scemo per tutta la vita.