Una sera, un bimbo di sei anni o anche meno, si destò in un sotterraneo umido e freddo. Era coperto di un logoro abitino e tremava. Seduto in un angolo, si divertiva a vedere uscire dalla propria bocca il bianco vapore dell’alito, ma presto ebbe fame. Vicino a lui, sopra un pagliericcio, con il capo appoggiato a un fagotto, giaceva la mamma, che era venuta da un lontano paese col suo bambino e si era subito ammalata. La padrona del misero alloggio è stata arrestata da due giorni. Gli inquilini sono tutti fuori, perché è giorno festivo, tranne un venditore ambulante che da ieri giace come morto, perché non ha voluto attendere la festa per ubriacarsi.
C’è anche una vecchia, forse un’antica bambinaia, che muore solitaria in un angolo. Il bimbo non osa andarle vicina, perché sente che si lamenta. Egli ha fame e si avvicina alla mamma per svegliarla.Ha paura del buio. Da molto tempo ormai è scesa la sera, ma il lume resta spento. Il piccino tocca il volto della mamma nell’ombra e si stupisce di trovarlo gelido. “Qui c’è troppo freddo”, pensa e attende, dimenticando che tiene la mano appoggiata sul capo della morta. Poi si alza, si soffia sulle dita per riscaldarle. Ma inutile, sembrano intirizzite! Il bimbo si volge ancora verso la mamma, ma ella non si muove. Per non svegliarla cammina in punta di piedi e vede sul giaciglio il suo berretto di lana. Allora decide di uscire dal sotterraneo. Lo avrebbe fatto anche prima se non avesse avuto paura di un cane che ha abbaiato tutto il giorno sulle scale. Ma ora il cane non c’è, e il bambino esce sulla strada. Mio Dio, che grande città! Non ne ha mai vedute di simili. Laggiù, nel villaggio dove è nato, non v’era che una sola lanterna accesa per ogni strada. Appena scendeva la sera, tutti si chiudevano nelle case di legno e le strade restavano deserte. Ma nel suo villaggio faceva caldo e non gli mancava mai il pane. In questa città invece c’è tanta luce, tanto rumore. Cavalli e carrozze vanno e vengono.
La neve copre il selciato e c’è molto freddo. Ecco un’altra strada, larga, illuminata, dove tutti corrono e parlano forte. Dietro a una finestra vede una stanza con un grande albero di Natale, coperto di candeline, di dolciumi, di balocchi e di carte dorate. Attorno all’abete, vi sono bambini ben vestiti che ridono, cantano, mangiano e una musica dolcissima si diffonde intorno. Il povero piccino guarda attraverso il vetro, si stupisce di tanta magnificenza, ma gli fanno male i piedi e non riesce a piegare le dita delle mani arrossate dal freddo. Allora si mette a correre e correndo cerca di soffocare il pianto. Ma ecco, dietro un’altra finestra, un nuovo albero più bello del primo, costellato di luci come un firmamento. Nella camera c’è una tavola coperta di vivande d’ogni genere e quattro belle signore offrono dolci a tutti. La porta si apre continuamente ed entrano alcuni signori. Il bimbo si accoda a loro ed entra cercando di non farsi notare, ma tutti lo sgridano. Una signora lo guarda dolcemente, gli mette un soldo nella mano e lo spinge fuori.
Ha paura, povero bimbo, e il soldo gli cade subito dalla mano che non ha la forza di stringerlo. Ora corre più veloce di prima, ma non sa dove andare, ha paura. Corre e soffia sulle dita intirizzite. La tristezza si impadronisce di lui, perché si sente solo e si guarda attorno smarrito. Un gruppo di persone sta guardando con ammirazione un’altra finestra, dietro alla quale sono tre fantocci vestiti di rosso e di verde che sembrano vivi. Uno raffigura un vecchio che suona il violoncello, gli altri due suonano il violino, chinando la testa al ritmo della melodia. Le loro labbra si muovono come se parlassero. Il bimbo li crede vivi, ma quando comprende che sono fantocci ride, perché non ha mai veduto dei giocattoli simili. Ride e non ha voglia di piangere; sarebbe sciocco piangere per dei fantocci. Poi un monello dall’aspetto cattivo gli si avvicina, gli fa cadere il berretto, tenta di buttarlo a terra con uno spintone. Il povero piccino inciampa, si rialza, si mette a correre, inseguito dalle grida della gente, infine si trova in un cortile e si nasconde dietro una catasta di legna.
“Qui nessuno potrà trovarmi”, pensa. “È buio”. Si siede in terra, rannicchiandosi tutto. Si sente soffocare dallo spavento, ma a un tratto si accorge che le mani e i piedini non gli fanno più male. Ha caldo, un caldo dolce come fosse accanto a una stufa. Sta per addormentarsi. Com’è bello dormire! Il bambino pensa: “Resterò qui un poco, poi tornerò a guardare i giocattoli!”, e nel dormiveglia sorride. Poi ode la voce della mamma che canta le note canzoni.«Mamma, io dormo», le dice. «Com’è dolce dormire qui! » Una voce soave come quella della mamma gli sussurra: « Vieni con me a vedere l’albero di Natale ». Il bimbo crede che anche questa sia la voce della mamma, ma non è lei. Chi lo ha chiamato? Non vede nessuno. Poi qualcuno lo bacia nel buio e improvvisamente, ecco una grande luce. Appare un albero di Natale. Non ne ha mai visto uno simile. Dove si trova ora? Ci sono tanti bambini e bambine, che sembrano irradiare luce intorno. Tutti lo baciano e lo abbracciano. Egli fluttua con gli altri nella luce e vede la mamma che gli sorride. «Mamma, com’è bello qui! », grida. Ancora abbraccia i piccoli compagni e vorrebbe raccontare loro che ha visto quei tre fantocci dietro la finestra, ma prima chiede: «Chi siete, bambini?» Essi rispondono: «Siamo i piccoli invitati di Gesù. Egli, in questo giorno, ha sempre un bell’albero di Natale per tutti i bambini che non ne hanno». Allora il bimbo capisce che quei fanciulli sono stati come lui: alcuni abbandonati in un paniere lungo la strada, altri morti negli orfanotrofi, altri assiderati dal freddo.
Ma tutti adesso si sono cambiati in angeli, vicino a Gesù, che sorride benedicendo li insieme alle loro mamme povere. Perché anche le madri sono qui e piangono: ma i figli asciugano con una carezza le loro lacrime e le pregano di sorridere, perché essi sono felici. Nel cortile, dietro il mucchio di legna, all’alba, il portiere trova il povero bambino morto di freddo. Nel sotterraneo di una casa più lontana, qualcuno trova la madre, morta prima di lui: ma entrambi si sono incontrati nella luce di Dio.