Una vecchina con le scarpe rotte ed un cappellaccio in testa viveva tutta sola in mezzo al bosco nella sua casetta accogliente fatta tutta di legno. La sua vita scorreva tranquilla in quei luoghi beati. Ogni mattina, la vecchina si lavava il viso con l’acqua della sorgente e faceva colazione con un’enorme tazza di latte caldo caldo appena munto, e così satolla andava a lavorare come sempre nei boschi. Al tramonto, la vecchina rientrava in casa portando con se la legna per accendere il fuoco, e stanca del suo lavoro duro si levava dai piedi le sue scarpe malconce e addormentava davanti al caminetto sgranocchiando dei saporiti biscottini fatti con le sue manine esperte. Contenta e soddisfatta della sua esistenza, la vecchina solitaria credeva di non aver bisogno di niente e di nessuno, ma in realtà nessun essere vivente può vivere per sempre in solitudine, e ben presto anche lei ne avrebbe avuto prova. Poco più tardi, infatti, accadde un fatto assai curioso: durante una notte buia e tempestosa, mentre la contadina poltriva al calduccio davanti al caminetto, sentì dei lamenti provenire dall’uscio della sua casina. Incurante di quello che avveniva, la vecchia scorbutica continuò a dormicchiare senza nemmeno spostarsi. Lercio e infreddolito, bagnato fradicio e affamato, giaceva tramortito un povero gatto randagio che non aveva più nemmeno la forza di miagolare.
Persa ogni speranza di trovare un rifugio sicuro, non avendo ricevuto alcun aiuto dalla vecchina insensibile, il povero animale trovò riparo sotto un albero vicino alla casa di legno, e per poco non morì di stenti in quella notte terribile. Ma i gatti si sa, hanno ben nove vite, ed il gatto randagio superò le avversità pur soffrendo atrocemente. L’indomani mattina le nuvole erano sparite ed il sole era già alto, e la vecchina, come al solito, già beveva il suo buon latte prima di andare a lavorare con il suo cappellaccio in testa. Così, per cominciare le faccende, prese la scaletta per pulire il comignolo e si apprestava a salire in cima al tetto della sua casetta. Il povero gatto ancora molto debole osservava quella creatura cocciuta ed insensibile, ed arrabbiato ripensava alla sua triste esperienza. La vecchina era già arrivata sul tetto quando sentì un piccolissimo verso dalla punta del suo cappello. Capì ben presto di non essere sola lassù, e terrorizzata al solo pensiero vide che un minuscolo topino era sul tetto prima di lei. Cominciò ad urlare a squarciagola perché la sua paura dei topi era paralizzante.
Il topino sembrava divertirsi come un matto, perché un esserino come lui riusciva a sgomentare una vecchia forte e ben nutrita come la scorbutica vecchina. Anche il gatto, che incuriosito da quelle urla si era già arrampicato sull’albero, si gustava quella scena bizzarra, ma alla fine aguzzò l’ingegno. Con un salto felino si lanciò sul tetto e prese il topo con una sola zampata, e guardando dritto negli occhi la vecchia le fece giurare che gli avrebbe dato un posto caldo ed un po’ di latte in cambio dello sterminio di tutti i topi della zona. La vecchina con il cappellaccio sempre in testa , fu costretta ad accettare, e perfino a chiedere scusa al gatto per non averlo soccorso durante la notte. Col tempo i due diventarono amici, ed il vecchio cuore della contadina ormai indurito dalla solitudine si intenerì con le fusa del suo nuovo compagno. Insieme stavano davanti al camino, e il gatto mangiava le briciole dei biscotti della contadina, e così si addormentavano soddisfatti. Quando arrivò Natale, i due compagni decisero di fare qualcosa di bello per i bambini del villaggio, che come il gatto, potevano aver bisogno di un gesto affettuoso. Così, oltre agli squisiti biscotti, la vecchina preparò tantissime leccornie, e non avendo modo di confezionare i pacchetti, infilò quelle prelibatezze nelle calze che aveva cucito lei stessa.
Così, anno dopo anno, la vecchina, che tutto il mondo chiama Befana, chiude il periodo natalizio con i suoi dolci e, il gatto, suo grande amico, le fa compagnia per tutto l’anno.