Sembra un po’ crudele spedire un ragazzino su una sedia a rotelle a lezione di ginnastica. Questo è quello che pensavo prima di trovarmi a origliare a una lezione, un giorno.
Steve Schulten era stato l’insegnante di educazione fisica alla Little Harbour School di Portsmouth, New Hampshire, per molti anni. Benvoluto dai genitori come dai bambini, Steve è conosciuto per la sua energia, la sua compassione e il suo amore per l’insegnamento. Quando il mio figlio più piccolo, Jonathan, cominciò a frequentare l’asilo, non vedeva l’ora che fosse “giorno di ginnastica”. Avevamo segnato insieme quei giorni con delle crocette sul calendario, uno per uno. Mia figlia Elisabeth frequenta la stessa scuola. Anche lei va matta per Steve e per le lezioni di ginnastica. Un giorno, mentre tornavamo a casa da scuola, mi disse qualcosa che mi colpì per la sua stranezza. «Ho dovuto spingere la sedia a rotelle di Tyler, oggi a ginnastica», disse con non chalance. «Tyler fa ginnastica?» chiesi, completamente stupefatta. I sensi di quel ragazzino erano seriamente danneggiati.
Incapace persino di parlare, come si poteva pensare che gli giovasse la ginnastica? Ero certa che si trattasse di una specie di abuso, ma avendo fiducia in Steve e nel preside della scuola, tenni la bocca chiusa. Pochi giorni dopo arrivai un po’ in anticipo a prendere i bambini. Gironzolando per l’atrio, mi accorsi che la classe di mia figlia era in palestra. Sì, era infatti “giorno di ginnastica” e io mi trovavo in un punto perfetto per vedere attraverso la porta quello che stavano facendo. Ero testimone di un miracolo. Mentre la classe partecipava alla staffetta, mia figlia si avvicinò al ragazzino sulla sedia a rotelle. Quando venne il suo turno, lo spinse con tutte le sue forze fino all’altra parte della palestra. Anche se il ragazzino sembravano non accorgersi di niente, stava succedendo qualcosa di ancora più importante. Raggiunto l’altro lato della palestra, mia figlia e alcuni suoi amici circondarono immediatamente la sedia a rotelle di Tyler. «Così si fa, Tyler!» esclamarono. «Ti sei divertito Tyler?» chiese un altro. Lo abbracciarono e gli diedero pacche sulla spalla per congratularsi.
Non so se Tyler potesse sentire il loro tocco. Non so se gli piacesse sentire l’aria sul viso mentre la sua sedia a rotelle veniva spinta rapidamente attraverso la palestra. Non so se rideva o si divertiva, dietro la sua immobilità. Ma quello che so è questo: gli altri ragazzini nella classe di ginnastica stavano compiendo miracoli. Stavano dando prova di una totale tolleranza in un mondo di discriminazioni. Trattavano quel ragazzino fisicamente e mentalmente menomato come avrebbero voluto essere trattati loro. Come ricompensa, stavano imparando la compassione. E stavano apprendendo una forma di comunicazione che è molto naturale e innocente, dato che viene dai bambini. Stavano imparando a comunicare con amore. Perché anche se Tyler non poteva esprimersi a parole, c’era qualcosa in lui che diceva a questi bambini che conosceva l’amore e che poteva comprendere il suo linguaggio. Steve guardava tutto questo come se si trattasse di una lezione normale. Mi nascosi dietro la porta in modo che nessuno potesse vedere questa madre dagli occhi umidi che sbirciava la lezione di ginnastica di sua figlia. Non so se lui è cosciente della lezione che ha insegnato ai nostri figli.
Una palestra non è il primo luogo che viene in mente per insegnare la compassione. Eppure nella scuola di Little Habour, sia questo insegnante che gli allievi si sono meritati un dieci e lode.